Giuseppe Moscati (Benevento, 25 luglio 1880 – Napoli, 12 aprile 1927) è stato un medicoitaliano. È stato canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1987 ed è tra i santi più popolari delXX secolo[1].Nacque a Benevento il 25 luglio 1880 da un magistrato, Francesco, e da una nobildonna, Rosa De Luca dei Marchesi di Roseto, settimo di nove figli.
Nel 1884 si trasferì con la famiglia a Napoli dove il padre era Consigliere della Corte d'Appello e dove il piccolo Giuseppe ricevette la Prima Comunione, quattro anni più tardi, nella chiesa delle Ancelle del Sacro Cuore. In questa chiesa i Moscati incontravano sovente il Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei. Accanto alla chiesa viveva Caterina Volpicelli, poi Santa, alla quale la famiglia era spiritualmente legata.
Nel 1892 iniziò ad assistere il fratello Alberto infortunatosi seriamente per una caduta da cavallo durante il servizio militare: da questo episodio cominciò a maturare la sua passione per la medicina.
Il 4 agosto 1903 si laureò a pieni voti con una tesi sull'urogenesi epatica, lavoro che gli valse anche il diritto di stampa. Dopo pochi mesi si presentò ai concorsi per assistente ordinario e per coadiutore straordinario agli Ospedali Riuniti degli Incurabili, superando entrambe le prove[2]. Si impiegò all'ospedale degli Incurabili dove rimase per 5 anni.Dopo gli studi liceali, si iscrisse, nel 1897 alla Facoltà di Medicina; nello stesso anno morì il padre, colpito da emorragia cerebrale.
La sua giornata fu sempre molto intensa: si alzava presto al mattino per recarsi a visitare gratuitamente gli indigenti dei quartieri spagnoli prima di prendere servizio in ospedale per il lavoro quotidiano, e di visitare al pomeriggio i malati nel suo studio privato. La dedizione per gli ammalati non sottrasse mai il tempo allo studio e alla ricerca medica che perseguì attuando un equilibrio fra scienza e fede.
La sua partecipazione umana ai problemi dei pazienti, unita alle competenze mediche, si espresse con un atteggiamento riassunto in queste parole: «Esercitiamoci quotidianamente nella carità. Dio è carità. Chi sta nella carità sta in Dio e Dio sta in lui. Non dimentichiamoci di fare ogni giorno, anzi in ogni momento, offerta delle nostre azioni a Dio compiendo tutto per amore».
Moscati, alla madre che, conoscendone la sensibilità, era preoccupata che la sua scelta di iscriversi a medicina l'avrebbe messo a dura prova nel contatto continuo con il dolore, rispose che: "era disposto anche a coricarsi nel letto dell'ammalato". Questo suo impegno fu confermato in seguito dalla assoluta dedizione con cui egli assistette i suoi pazienti, dei quali curò sempre non solo i bisogni del corpo ma anche quelli dell'anima, testimoniando il suo profondo convincimento di fede che la stessa malattia possa essere lenita dal conforto spirituale e religioso.
Con lui si manifestò appieno quella umanizzazione della medicina che, proprio negli anni in cui egli si trovò a operare, sembrava risentire invece di un'eccessiva scientificità, che comportava un certo distacco della figura del medico dal paziente, quasi come se, per affermare le proprie competenze professionali, basate sulla razionalità e sullo zelo scientifico delle nuove acquisizioni in campo medico, fosse più importante "risolvere la malattia" piuttosto che occuparsi del malato in sé. Moscati, invece, anticipò con il suo comportamento quello che è oggi considerata nell'esercizio della medicina la condizione necessaria ed essenziale per occuparsi del malato, inteso non più come mero portatore di una malattia da guarire, ma come persona che soffre e a cui bisogna perciò riconoscere pari dignità nella sua sfera fisica e in quella emotiva spirituale, con una presa in carico totale dei suoi bisogni.
Nell'aprile del 1906, mentre il Vesuvio iniziò ad eruttare ceneri e lapilli su Torre del Greco, mettendo in pericolo un piccolo ospedaletto, succursale degli Incurabili, si recò prontamente sul posto, contribuendo a mettere in salvo gli ammalati, poco prima del crollo della struttura.
Nel 1908, dopo aver superato il concorso di assistente ordinario per la Cattedra di Chimica Fisiologica, iniziò a svolgere attività di laboratorio e di ricerca scientifica nell'Istituto di Fisiologia. Nel 1911 un'epidemia di colera funestò Napoli ed egli fu chiamato a svolgere la sua opera di ricerca dall'Ispettorato della Sanità Pubblica, presso la quale presentò una relazione sulle opere necessarie per il risanamento della città, in parte condotte a compimento. Molte delle opere da lui prospettate furono eseguite ed egli fu anche proposto per la libera docenza in chimica biologica. [3]
Nello stesso anno, gli fu conferita la libera docenza in Chimica Fisiologica, su proposta del professor Antonio Cardarelli, da sempre ammirato per la preparazione del giovane medico, e iniziò e continuò ininterrottamente l'insegnamento d'indagini di laboratorio applicate alla clinica e di chimica applicata alla medicina con esercitazioni e dimostrazioni pratiche secondo programmi approvati dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione . [4]
Sempre nel 1911 Moscati fu inviato dal Prof. Gaetano Rummo ad essere corrispondente per l'inglese e il tedesco di "La riforma Medica" da lui fondata prima come quotidiano, poi come settimanale e poi come quindicinale. Per vari anni fino al 1917 fu segretario di redazione della rivista Michele Landolfi. [5] Fu anche socio della Reale Accademia Medico-chirurgica e direttore dell'Istituto di Anatomia Patologica. Era stimato dai giovani medici in tirocinio che lo seguivano durante le visite ai pazienti.
Dopo la morte della madre per diabete, avvenuta nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale presentò domanda di arruolamento volontario, ma la domanda venne respinta in quanto la sua opera fu giudicata necessaria in corsia, agli Incurabili, per prestare soccorso e conforto spirituale ai soldati feriti di ritorno dal fronte.
Nel 1916 supplì il Prof. Malerba nel corso ufficiale di chimica fisiologica e nello stesso tempo gli fu fraternamente vicino durante la lunga malattia preparandolo all'incontro col Signore. [6]
Nel 1917 rinunziò alla cattedra universitaria e all'insegnamento, per continuare il lavoro in ospedale e restare accanto agli infermi ai quali era molto legato. [7]
Il Consiglio d'Amministrazione dell'Ospedale Incurabili lo nominò primario nel 1919, e il 2 maggio 1921 il Prof. Giuseppe Moscati inviò al Ministero della Pubblica Istruzione la domanda per essere abilitato per titoli alla libera docenza in Clinica Medica Generale; il 6 giugno 1922 la Commissione nominata dal Ministero esaminò i titoli e lo ritenne idoneo a conseguire tale libera docenza e tenuto conto del suo alto valore scientifico lo esonerò all'unanimità dalla discussione dei lavori presentati, dalla lezione e dalla prova pratica. [8]
Numerose sue ricerche furono pubblicate su riviste italiane ed internazionali, tra le quali le ricerche pionieristiche sulle reazioni chimiche delglicogeno.
Da Wikipedia
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