domenica 23 aprile 2017

Il Santuario di San Giovanni Paolo II

Cardolo fa parte del comune di Feroleto Antico, in provincia di Catanzaro, nella regione Calabria. La frazione o località di Cardolo dista 2 chilometri dal medesimo comune di Feroleto Antico di cui essa fa parte. Direttamente dalla Polonia, il 19 maggio del 2014 ,arrivava a Cardolo, la reliquia di primo grado “ex ossibus” di Santa Suor Faustina Kowalska, canonizzata nel 2000, proprio dal Papa polacco. Questo dono preziosissimo dato al Santuario San Giovanni Paolo II, non rientrerà Più a Cracovia ma rimarrà per sempre esposta ai fedeli. La chiesa della frazione Cardolo di Faroleto Antico, nella diocesi di Lamezia Terme, finora dedicata all’Annunciazione del Signore è stata dedicata a San Giovanni Paolo II il 25 aprile 2014. La celebrazione della dedicazione è stata presieduta dal vescovo, monsignor Luigi Cantafora. La Chiesa era stata aperta al culto il 1° marzo 2009. In data 31 gennaio 2014, approssimandosi la data della canonizzazione del beato Giovanni Paolo II, i fedeli hanno chiesto al vescovo di “riconsiderare il titolo della chiesa di Cardolo, per far sì che venga, invece, dedicata proprio a San Giovanni Paolo II”.

mercoledì 12 aprile 2017

Madonna di Termine o delle Trache

Pentone è un paesino poco distante dal capoluogo catanzarese (circa 15 km) ai piedi della Sila piccola. Poco prima si può notare un Santuario, detto di Termine, immerso nel verde e nella quiete a qualche km più in giù ci e la Chiesa parrocchiale intitolata a San Nicola di Bari dove ci e custodita questa splendida statua (vedi foto) Preghiera Vergine Santa, siamo venuti quassù dopo lungo cammino, a traverso aspri sentieri e più aspri peccati, ed ora, mercè la Tua grazia, Ti veneriamo in ginocchio, e la Tua luce apre solchi di speranza nella fitta tenebra dei nostri peccati, e la Tua dolcezza placa l’urlo disperato della nostr’anima errabonda e la Tua misericordia ci solleva dal pelago fangoso di questa vita e ci riporta dinnanzi a Dio. O creatura sovrana – la più umile e la più alta, dinanzi a cui cede ogni protervia, s’inchina ogni bellezza, s’infrange ogni assalto – noi Ti sappiamo “ fontana vivace di speranza “ , “ meridiana face di carità “ , “ termine fisso d’eterno consiglio “ , e Ti onoriamo per la gloria di Colui che si compiacque assumere in Te forma umana e salvare il mondo dall’errore sacrificandosi sul Calvario. Ed a Te, che sei la sorgente munifica d’ogni misericordia, chiediamo la grazia d’intercedere verso Dio per i nostri peccati, e di portarci a salvamento in questo mare burrascoso che ci logora e ci assalta senza tregua. Senza di Te ogni nostro palpito è privato di calore, ogni nostro slancio senz’ali, ogni nostro grido senz’eco – perché Tu sei calore, ala, voce che portano a Dio. A Te dunque noi chiediamo grazie, con la speranza accesa come fiaccola nella tenebra; e da Te aspettiamo soccorso in ogni ora della nostra vita, che, di Te priva, si dissecca come pianta senza sole e senz’acqua. Abbiamo atteso questo giorno luminoso con una dolce armonia nell’anima; ci siamo inerpicati su per questa montagna con ardore incessante, attratti dalla Tua divina forza, che è vita, verità, vita – od ora a Te aspettiamo la benedizione che ci affranchi dai mali e ci prepari la vita eterna. Amen.

Venerdì Santo

Il Venerdì Santo è il primo giorno del Triduo pasquale, il periodo della Settimana Sante durante il quale la liturgia cattolica commemora la passione, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. In particolare, il Venerdì santo si ricorda la morte in croce del fondatore del cristianesimo. Secondo la tradizione cristiana Gesù Cristo è morto all'età di 33 anni e alle 3 del pomeriggio. I Vangeli raccontano che i sommi sacerdoti - le ​​autorità religiose del tempo - cospirarono contro Gesù di Nazareth, perché si era proclamato "Figlio di Dio". Tali autorità e i loro sostenitori hanno deciso di portare Gesù davanti a Ponzio Pilato, quinto prefetto della provincia romana della Giudea tra il 26 e il 36 dc. Questi non ha ravvisato nel Giovane Rabbi di Nazaret alcuna colpa per condannarlo, ma alla fine ha arrese alla pressione di una folla che reclamava la sua crocifissione. Secondo il Vangelo di Matteo, Pilato si lavò le mani con acqua alla vista della gente, proclamandosi "innocente del sangue di questo giusto." Questo gesto di "lavarsi le mani" è l'origine dell'espressione che giunge a noi dalla narrazione di codesti fatti. Poiché vi era l'usanza di rilasciare un prigioniero per la festa della Pasqua ebraica, Pilato ha deciso di mettere in libertà un tale ben noto per le sue ruberie chiamato Barabba, cedendo così alle pressioni dei manifestanti.I Vangeli narrano che Gesù fu spogliato dei suoi vestiti, che i soldati tirarono a sorte, gli hanno messo una corona di spine sul capo, e colpendolo con gli sputavano addosso sputavano e lo flagellarono. Gli fecero portare la propria croce fin sulla cima di una piccola collina fuori di Gerusalemme chiamata Golgota, il luogo del cranio o Calvario, Sul Golgota fu crocifisso tra due ladroni e sulla croce vi apposero un cartello che diceva "Gesù di Nazaret, Re dei Giudei" Secondo i Vangeli di Matteo e Marco prima di morire Gesù gridò a gran voce «Elì, Elì, lemà sabactàni» che significa «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Secondo Luca, poco prima di spirare Gesù disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Secondo Giovanni: "Tutto è compiuto". E spirò.

I sette martedi, Madonna di Porto.

La Madonna di Costantinopoli nella tradizione locale Madonna di Porto, appunto il luogo vicino Gimigliano in provincia di Catanzaro dove apparve nel 1753 al brigante Pietro Gatto che costruì, sulle rive del Corace, una Cona. “Madonna di Porto” che si vuole miracolosa sin dalla sua riproduzione pittorica perchè "Achiropita" cioè dipinta da mano non umana.“Patrona della Provincia di Catanzaro”, un riconoscimento fondato sulla grande suggestione che il santuario di Porto ha esercitato negli anni su tutto il territorio. In preparazione ai Solenni festeggiamenti nel Santuario di Porto, si compie la pia pratica dei Sette Martedì, che s’inizia il martedì successivo alla S. Pasqua. In questi martedì, nel Santuario, si celebrano parecchie SS. Messe con S. Comunione generale dei pellegrini. Numerosi sono i pellegrinaggi.Il Quadro è stato oggetto di due restauri ad opera di massimi esperti romani e in tutte e due i viaggi a Roma è stata benedetta da Paolo VI (27 febbraio 1974) e Giovanni Paolo II (26 febbraio 1997). Nel 1984(6 ottobre) Papa Wojtyla durante il Suo viaggio in Calabria l'aveva incoronato nello stadio di Catanzaro.Il primo maggio 2013, il Santuario diocesano di Porto in Gimigliano, nell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, viene elevato a Basilica minore. Ad ufficializzarlo è stato il Cardinale Antonio Caňizares Llovera, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, alla presenza dell’arcivescovo metropolita di Catanzaro Squillace, mons. Vincenzo Bertolone.

martedì 11 aprile 2017

Panettieri Cosenza

Nel cuore del Savuto, in una valle incontaminata, dove fascino, bellezza della natura regnano,ai piedi della Sila piccola si erge il piccolo borgo di Panettieri. Conosciuto ai più per le sue antiche tradizioni della panificazione, è noto anche per il suo caratteristico Presepe Vivente che attira gente da tutta la Calabria e non solo.

sabato 8 aprile 2017

La tradizione "de parme" Domenica delle Palme.

Nella zona del "Reventino" che comprende diversi comuni fra cui San Pietro Apostolo e siamo nella provincia di Catanzaro, nella tradizione qualche giorno prima "de parme" si andava per le campagne armati di forbicetta e portare il più possibile dei rami d'ulivo e anche di alloro, venivano preparati a mò di mazzetto e il mattino della Domenica delle Palme i rami di ulivo e di alloro venivano addobbati con i caratteristici “taralli col naspro”, biscotti, fiocchi colorati e caramelle. E si andava tutta la famiglia vestiti a festa già "da missa prima" ( la prima Santa Messa domenicale) e poi venivano benedetti e solo dopo ai più piccoli era permesso mangiare i dolci e caramelle attaccati nella "parma".Tradizioni oramai purtroppo quasi dimenticate. Invece ancora viva come tradizione in provincia di Reggio Calabria esattamente a Bova la Domenica delle Palme si festeggia con un rito probabilmente poco conosciuto ma unico nel suo genere. I contadini, intrecciando con maestria e pazienza, foglie di ulivo intorno ad un asse di canna, costruiscono delle figure femminili, le cosìddette "pupazze”, differenziabili per dimensioni in madri e figlie. Dopo la benedizione, le “sculture”, portate fuori dalla chiesa, sono avvicinate dalla gente ed in parte smembrate delle loro componenti, le “steddhi”, che vengono distribuite fra i presenti. Alcuni collocano almeno una “steddha” su un albero del proprio podere, dove rimarrà per tutto l’anno come segno di benedizione e a testimonianza dell’intimo rapporto sacro che unisce uomo e creato. Altri fissano le trecce di ulivo sulla parete della camera da letto, altri sull’anta della cristalliera, assieme alle immagini di santi e alle foto dei propri cari. Infine, c’è chi utilizza le foglie benedette per “sfumicari”, cioè togliere il malocchio dalla casa, compresi i suoi abitanti, ponendo su una brace ardente tre grani di sale e quattro foglioline benedette, disposte a croce. Il fumo che si innalza dalla brace incensa l’ambiente, accompagnato dalla recita della seguente preghiera: “A menza a quattru cantuneri nci fu l’Arcangelu Gabrieli, du occhi ti docchiaru, tri ti sanaru. Lu Patri, lu Figghiu, lu Spiritu Santu. Tutti li mali mi vannu a mari e lu beni mi veni ccani. Lu nomu di San Petru e lu nomu di San Pascali, lu mali mi vai a mari lu beni mi veni ccani”. I ramoscelli benedetti, anche se vecchi di un anno, conservano intatta la loro sacralità, pertanto per disfarsene non vengono buttati nella spazzatura ma vengono inceneriti nel fuoco.

Mustazzuali calabrisi

I mostaccioli calabresi sono una ricetta che risale ai tempi del dominio arabo, bizantino. Un antica leggenda vuole che sia stato un monaco della Certosa di Serra San bruno che passò la ricetta ai monaci di un convento di Soriano Calabro. Ed è qui che i mostaccioli vengono lavorati in tutte le loro forme, decorati con dei pezzetti di carta lucida colorata, rappresentati figure di animali, di santi, cuori con aggiunta di scritte di amore verso la mamma o gli innamorati. In tutte le fiere calabresi ci sono i banchetti dove si possono acquistare i mostaccioli calabresi di Soriano Calabro. La ricetta: Ingredienti Mostaccioli calabresi: 1 litro di miele di fichi 1 cucchiaio colmo di miele d’api 750 ml di latte 2 uova intere 200 gr di zucchero 1 cucchiaino ben colmo di bicarbonato 1 cucchiaino ben colmo di sugna 3 kg di farina Preparazione Mostaccioli calabresi : Su una spianatoia disponete la farina a fontana. Al centro mettere le uova e lo zucchero e cominciare ad amalgamare questi 2 ingredienti. Una volta che le uova e lo zucchero sono diventati un’unico composto, versare il miele di fichi. Amalgamare con le mani. Dopo aver aggiunto il miele di fichi, aggiungete una cucchiaiata di miele d’api e il latte. Amalgamate il tutto sempre con le mani. Ora dovrete aggiungere soltanto il cucchiaino di bicarbonato e il cucchiaino di sugna.Amalgamate per bene tutti gli ingredienti che sono al centro della fontana di farina. Poi pian piano incorporate la farina, fino ad ottenere un composto morbido ma asciutto. Formate una palla. Da questa palla andrete a togliere un pò di impasto alla volta e formerete dei cordoncini. Da questi cordoncini, potrete dare la forma che più vi piace ai vostri mostaccioli. Forate delle ciambelle, delle lettere o più semplicemente dei rombi.Fate cuocere in forno preriscaldato a 200° per 15 minuti. Saranno cotti quando di formerà una crosticiana scura sulla superficie del mostacciolo.

Soppressata calabrese

La soppressata è il tipico salume Calabrese. La ricetta 1 kg di carne magra (coscio-spalla) 150 gr di lardo (serve per rendere più morbido l’insaccato che altrimenti risulterebbe troppo legnoso) 20 gr di sale fino 7 grammi di conserva di peperoni 7 grammi di peperoncino piccante 7 grammi di peperoncino rosso dolce (il peperoncino dolce serve per colorare la carne di un bel rosso vivo) Budello di maiale (il budello deve essere quello dell’intestino cieco) budello che si riterrà opportuno sciacquarlo e lasciarlo in ammollo in acqua e limone per qualche ora. Trascorso questo tempo, occorre risciacquare abbondantemente sotto acqua corrente e lasciare di nuovo in ammollo con acqua e limone. La prima fase della lavorazione consiste nel macinare la carne insieme al lardo. Anticamente il tutto veniva fatto in punta di coltello, ma oggi per velocizzare è meglio usare un comune tritacarne. Dopo aver macinato la carne, bisogna mischiarla bene con il sale e le spezie e lavorare l’impasto con le mani almeno per mezz’ora. Il calore delle mani tenderà a fondere il lardo e l’impasto sarà pronto proprio quando le mani diverranno collose e la pasta inizierà a “filare” A tal proposito, dopo aver chiuso la parte finale del budello con dello spago, si infila l’altra parte nel beccuccio della macchinetta apposita per insaccare.Una volta raggiunta la grandezza desiderata della soppressata, si chiude l’estremità con dell’altro spago, si taglia oltre la legatura e si prosegue con la legatura dell’altro pezzo di budello che conterrà la soppressata successiva. Si continua così fino alla fine del budello.Le soppressate vanno bucherellate con vengono bucherellate con una forchetta oh apposito ago e vengono riposte in un contenitore forato una volta venivano messe nelle "gabbiette" cassette in legno ricoperte di strofinacci e messo un peso sopra per poter perdere l'acqua in eccesso appunto dal nome soppressate bisogna lasciarle così per 24 ore. Trascorso questo tempo, tutte le soppressate preparate si appendono in un luogo fresco ed asciutto. L’ideale sarebbe fare un po’ di fumo, mezz’ora al giorno per circa 10 giorni, con della legna secca ed aromatica, per velocizzare la stagionatura e per conferirli un leggero sapore di affumicato. Tuttavia, questa fase può essere evitata. Il tempo di stagionatura varia a seconda del clima; più freddo è e meno tempo ci vuole. Di solito sono sufficienti un paio di mesi e comunque sono pronte quando risultano abbastanza dure. Nei tempi passati si usava conservarle sotto lo strutto, ma oggi , una volta stagionate, è molto meglio conservarle sottovuoto.

venerdì 7 aprile 2017

Gli antichi mulini ad acqua di San Pietro Apostolo Catanzaro.

Nella zona a ridosso di San Pietro Apostolo , lungo il fiume Amato , troviamo il percorso dei cinque mulini... Oggi purtroppo abbandonati ah se stessi una volta fonte di rendita e indispensabili nel poter vivere il quotidiano, con il macinato si faceva il pane da poter sfamare tutta la famiglia, si presume siano stati realizzati intorno al 1800, ed attivi fino al 1960/65 dove la popolazione portava le varie granaglie per ottenere la farina, si andava anche di notte dal cosiddetto "pendinu e vicenza" un sentiero di gradini che conduceva e conduce al fiume. La presenza di mulini ad acqua, appunto 5, dislocati lungo il territorio fa del luogo un sito rilevante nell’ambito dell’archeologia idraulica. La natura accidentata dei due versanti montani che si fronteggiano, formando un profondo "vallune" , impose la realizzazione di ardite costruzioni delle opere idrauliche destinate alla canalizzazione e all’accumulo dell’acqua. L’acqua, captata a monte del mulino direttamente dal fiume Amato, indirizzata attraverso una condotta orizzontale nel bacino di raccolta, da questo viene convogliata in un’imponente corpo in pietra verticale o inclinato denominato "torre". Il dislivello di svariati metri esistente tra il punto di captazione del fiume e quello di uscita alla base della "torre" fanno fuoriuscire impetuosamente l’acqua, che aziona così una ruota orizzontale a pale collegata alla macina. Per ottenere la farina si versa il grano nella tramoggia in legno posta al di sopra della macina che ruota su quella fissa sottostante, polverizzando il grano in farina. Spesso la miseria imponeva la necessità di macinare altri prodotti, tra cui soprattutto il granturco col quale si faceva il cosiddetto "pane giallo", meno soffice rispetto al pane di grano. Durante la guerra o nei periodi di grande carestia c’era anche chi era costretto a mangiare pane di altri cereali, di legumi, di castagne ecc.

giovedì 6 aprile 2017

San Pietro Apostolo e il Gen. Garibaldi

San Pietro a Tiriolo, si, cosi fu dato il nome e dopo aver avuto l'autonomia amministrativa fu cambiato in San Pietro Apostolo nel 1860, ed a ciò contribuì anche la sosta del Generale Giuseppe Garibaldi durante l'eroica Spedizione dei Mille, infatti la notte del 28 agosto del 1860 riposò in casa di Don Anselmo Tomaini nella sua trionfale avanzata verso il Napoletano. Una curiosità la tazzina dove il Generale Garibaldi bevve il caffè è ancora gelosamente custodita dai discendenti Tomaini. Dagli scritti dell'epoca "Ci rimettemmo alacremente in viaggio traversato Tiriolo, la notte si prese stanza a San Pier di Tiriolo (oggi San Pietro Apostolo). Io alloggiai in una umile casa privata in compagnia del sottotenente Picozzi, del capitano Canzio e di Antonio Gallenga. Dopo cena continuarono a letto le più pazze risate per uno schioppettio di motteggi di codesti due uffiziali burloni a tutte spese del Gallenga. Ma ecco d'improvviso ci sentiamo diabolicamente abburattati, con il cigolio di porte, di stipiti, di travi e di muraglie. Io caddi dal letto; Gallenga n'era sceso, e barcollando come briaco, sillabò: Il terremoto! I sussulti e le sue oscillazioni perseveravano. Io agguantai in tempo la lucerna in atto di capovolgersi e la mantenni accesa. La sua luce tremolante illuminava a sprazzi la guancia costernata, il costume in naturalibus e le capriole del Gallenga; laonde più potè in noi in questo quadretti fiammingo che la coscienza della sovrastante ruina, e abbiamo riso sino ad averne lo stomaco doloroso. (Infatti ci fù una scossa di terremoto). Seguita la calma, l'ex -regicida,ricoricandosi, mormorava fra i denti: Il malanno e la malapasqua. La stanchezza ci vinse e dormimmo sino all'alba, insensibili a nuove ma più umani scosse. All'alba in sella. A ventiquattro guide, comandate da Nullo, fu commessa una ricognizione sul nemico trascinatosi alcune miglia là. Badate, Garibaldi raccomandò secondo il consueto, di non inoltrarvi troppo. Io m'aggiunsi a quello stuolo d'amici, e via. Dopo otto miglia eccoci al tu per tu coi posti avanzati delle tre brigate. Erano le cinque ore. Un torrentello separavali da noi. Discernevamo i comignoli delle case e il campanile del villaggio di Soveria situato in una valle oblunga. I garibaldini a Soveria Mannelli, dove ottennero la resa dei soldati borbonici. Al Generale Garibaldi vennero dedicate diverse lapidi che ancora oggi possono esser lette in quanto affisse sulla parete di casa Tomaini, in particolare la seconda venne posta alla presenza del nipote del Generale nel 1960 (centenario della sosta nel paese); essa riporta così: DA QUESTA CASA IL 30 AGOSTO1860 GIUSEPPE GARIBALDI MOSSE ALLA VOLTA DI SOVERIA MANNELLI QUESTA POPOLAZIONE OGGI COME IERI COMPATTA NELLA ESALTAZIONE DEI SUPREMI IDEALI DI LIBERTA' E DI GIUSTIZIA CON COMMOSSO ORGOGLIO NE COMMEMORA IL CENTENARIO S. PIETRO APOSTOLO 29 - 8 - 1960

Gli antichi telai di Tiriolo

Tiriolo Piccolo e grazioso borgo del catanzarese di un panorama unico la cui vista abbraccia i due mari lo Ionio ed il Tirreno, ed è qui che...