lunedì 23 maggio 2011

L'armata Brancaleone. Scena girata a Le Castella.


L'armata Brancaleone è un film del 1966 diretto da Mario Monicelli, presentato in concorso al 19º Festival di Cannes
Trama

« Branca, Branca, Branca, Leon, Leon, Leon! Fiii...Bum! »

Nell'Italia dell'XI secolo, Brancaleone da Norcia, unico e spiantato rampollo di una nobile famiglia decaduta, dotato però di una non comune eloquenza ed animato da sane virtù e cavallereschi principî, guida un manipolo di miserabili (l'anziano Abacuc, il robusto Pecoro, un ragazzino di nome Manuc e lo scudiero Mangold) alla presa di possesso del feudo di Aurocastro, secondo quanto dettato in una misteriosa pergamena imperiale che gli stessi miserabili gli porgono e che affermano di aver rinvenuto in modo del tutto lecito e casuale, in realtà rubata al suo proprietario: un cavaliere aggredito e creduto morto.
Attraversando tutta la penisola, viene coinvolto in diverse avventure: incontra unprincipe bizantino diseredato, Teofilatto dei Leonzi, che si aggrega all'armata, entra in una città apparentemente deserta dando licenza di saccheggio, salvo scoprirla poi infestata dalla peste, dopodiché si aggrega al monaco Zenone (cioè Pietro l'Eremita), che, a capo di un gruppo di pellegrini, è diretto a Gerusalemme per unirsi alla lotta per la liberazione del Santo Sepolcro. In seguito, per superare un instabile ponte, Pecoro precipita: Zenone pensa che qualcuno non abbia fede, e perciò abbia dato il "malocchio" all'uomo. Si scopre che l'anziano Abacuc è di fede ebraica e quindi non nella "retta via". Battezzato Abacuc (sotto una piccola cascata gelata), riprendono la strada di Aurocastro dopo che Zenone precipita in un dirupo attraversando un ennesimo ponte sospeso precario ("cavalcone" nel film).
Brancaleone salva una giovane promessa sposa, Matelda, dalle grinfie di avidi barbari che hanno massacrato le guardie di scorta che erano con la ragazza, ma Brancaleone arriva ed uccide il capo dei manigoldi e, in seguito, lei si offre sua sposa, ma lui rifiuta perché ha promesso al suo tutore - ferito mortalmente dai barbari - in punto di morte di portarla in sposa al nobile Guccione. Lei allora si concede a Teofilatto, per non sposare il nobile. Il nobile lo scopre e fa rinchiudere Brancaleone, da lei accusato, in una gabbia. Liberato dai suoi amici e da un fabbro che si unisce a loro, Brancaleone scopre da questi che Matelda è stata portata in un monastero dal nobile. La raggiunge, ma lei ha scelto di prendere i voti per fare penitenza di averlo accusato ingiustamente, e non intende venir meno alla sua scelta.
Teofilatto, vedendo che sono arrivati vicino alla sua dimora, convince l'armata ad estorcere denaro alla famiglia dei Leonzi, fingendosi in ostaggio, ma suo padre decide di non pagare perché Teofilatto è in realtà nato fuori dal matrimonio (fatto che anche lui ignorava); per intimare agli uomini di Brancaleone di lasciare la dimora, minaccia di ucciderli con delle frecce avvelenate e li mette in fuga. Durante altri giorni di viaggio reincontrano Pecoro (creduto morto cadendo in un precipizio) in una tana di un orso. Aggiuntosi nuovamente Pecoro, dovranno subire una perdita, quella di Abacuc.
Giunti al feudo da reclamare, gli abitanti del luogo si affrettano a consegnare agli eroi le chiavi del castello di Aurocastro prima di rifugiarsi lasciando l'armata sola a fronteggiare l'attacco da parte dei pirati Saraceni in netta inferiorità numerica.
Brancaleone e il suo piccolo esercito, dopo aver maldestramente tentato di tendere una trappola agli invasori nemici, sono fatti ben presto prigionieri e condannati alla pena di morte per impalazione, ma vengono liberati da un misterioso personaggio che uccide tutti i saraceni, compreso il loro capo. Il cavaliere che li ha salvati, si rivela essere il cavaliere erroneamente creduto morto all'inizio della storia. Questi, il vero e legittimo destinatario della pergamena, condanna Brancaleone e i suoi armigeri al rogo come ladri e usurpatori. Teofilatto rivela a Brancaleone di essere stato lui ad avere abusato di Matelda.
Ma proprio quando la sentenza sta per essere eseguita, ricompare il Monaco Zenone - sopravvissuto alla caduta nel fiume e di nuovo a capo di manipolo di straccioni diretti in Terra Santa - il quale convince il cavaliere a liberare Brancaleone ed i suoi, in quanto ancora legati al voto di seguire il monaco a liberare il Santo Sepolcro.

La sceneggiatura

Alla sceneggiatura collabora in modo determinante lo stesso regista, che con Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, binomio artistico meglio conosciuto come Age e Scarpelli, dà vita ad una rilettura fresca ed originale dell'Italia medioevale, creando quello che sarà il colpo di genio del film: l'invenzione di quell'idioma immaginario, a cavallo tra il latino maccheronico, la lingua volgare medievale e l'espressione dialettale, che caratterizzerà tutti i personaggi.
Gian Maria Volontè è Teofilatto dei Leonzi
L'originalità però non si esaurisce nella sceneggiatura. Anche i costumi (a forte contrasto cromatico e di disegno originalissimo) e tutte le scene di esterni, curati da Piero Gherardi, lo scenografo che firma molte delle caratteristiche atmosfere felliniane, rappresentano un elemento innovativo, presentando un medioevo straccione ben lontano da quello oleografico e dorato di certi film di ambientazione medievale, mentre alla fotografialavorerà Carlo Di Palma, al quale si dovranno alcune immagini memorabili del film, come quella in cui il protagonista e la sua armata si presentano alla corte bizantina dei Leonzi.
Il richiamo ad un precedente film monicelliano di grande successo (I soliti ignoti) è evidente sia nell'impianto generale della sceneggiatura (la compagnia sgangherata e raccogliticcia che cerca di compiere una grande impresa, fallendola miseramente), sia nella somiglianza dei personaggi interpretati da Vittorio Gassman e Carlo Pisacane nei due film, che in alcune sequenze specifiche, come quella in cui Gassman, contattato per entrare nella compagnia, dapprima rifiuta, per poi accettare dopo la sconfitta nel combattimento (di pugilato ne I soliti ignoti e al torneo ne L'armata Brancaleone). Inoltre, la scena in cui Teofilatto, durante una pausa del duello con Brancaleone, gli consiglia una cura per il fegato, è ricalcata dall'analoga sequenza tra Totò eFabrizi in Guardie e ladri, film di Monicelli e Steno del 1951
Informazioni tratte da Wikipedia.

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