Nel 1090 San Bruno di Colonia fu convocato a Roma dal suo antico allievo Urbano II. In seguito, quando Urbano II fuggì da Roma, a causa dell'invasione dei territori pontifici da parte dell'imperatore tedesco Enrico IV a cui segui l'elezione dell'antipapa Guiberto, Bruno si trasferì con la corte papale nell'Italia meridionale. Su proposta del papa Urbano i canonici di Reggio Calabria elessero Brunoarcivescovo, ma egli declinò la mitra per amore della sua vocazione contemplativa e con il desiderio di ritrovare al più presto la solitudine. In seguito richiese e ottenne il permesso di ritirarsi in solitudine negli stati normanni, recentemente conquistati dal conte Ruggero d'Altavilla, raggiungendo così il suo scopo.[1]
Il conte Ruggero gli offrì un territorio nella località chiamata Torre, nelle vicinanze dell'attuale Serra San Bruno, a 790 metri di altitudine, nel cuore della Calabria Ulteriore, l'attuale Calabria centro-meridionale. Qui fondò, in un luogo situato tra Arena e Stilo, l'eremo di Santa Maria.[2]
Egli descrisse la natura del luogo ricevuto in dono in una lettera indirizzata a Rodolfo il Verde, uno dei due compagni che fecero insieme a lui, nel giardino di Adamo, il voto di consacrarsi alla vita monastica:
« In territorio di Calabria, con dei fratelli religiosi, alcuni dei quali molto colti, che, in una perseverante vigilanza divina attendono il ritorno del loro Signore per aprirgli subito appena bussa, io abito in un eremo abbastanza lontano, da tutti i lati, dalle abitazioni degli uomini. Della sua amenità, del suo clima mite e sano, della pianura vasta e piacevole che si estende per lungo tratto tra i monti, con le sue verdeggianti praterie e i suoi floridi pascoli, che cosa potrei dirti in maniera adeguata? Chi descriverà in modo consono l'aspetto delle colline che dolcemente si vanno innalzando da tutte le parti, il recesso delle ombrose valli, con la piacevole ricchezza di fiumi, di ruscelli e di sorgenti? Né mancano orti irrigati, né alberi da frutto svariati e fertili » |
Bruno ottenne il terreno mediante un atto steso a Mileto nel 1090. Arrivato nell'alta valle del fiumeAncinale, nelle vicinanze di Spadola (unico abitato allora esistente), ne seguì il corso verso una sorgente che si perdeva in un dedalo di piccole valli, di burroni e dirupi, dietro la radura di Santa Maria. Proprio in questa radura egli trovò «una buona fontana». Vicino alla stessa fontana vi era una piccola grotta e San Bruno si rallegrò d'aver trovato il luogo ideale per una fondazione monastica. Egli cominciò, quindi, ad organizzare i gruppi ed a fissare la loro rispettiva dimora: i padri, nella conca e radura del bosco (Eremo di Santa Maria); i fratelli conversi, con i servizi domestici, a circa due chilometri di distanza, nel monastero di Santo Stefano, destinato anche a ricevere coloro che non potevano seguire completamente le regole del deserto.
Più tardi, attorno al 1094, quando il conte Ruggero gli assegnò il guardaboschi Mulè (con figli), Bruno fece in modo che gli operai, parte dei quali sposati, si stabilissero a una certa distanza dai monaci, perché questi fossero da loro nettamente separati. Sorsero così le prime abitazioni che furono all'origine del paese di Serra.
Bruno, riprendendo il genere di vita che aveva condotto in Francia, trascorse così, nell'eremo di Santa Maria e nella vita contemplativa in solitudine, gli ultimi dieci anni della sua esistenza.
Avvenne in questo periodo una memorabile visita, l'incontro di Bruno con Lanuino (anche conosciuto come Landuino), il suo successore nel governo della comunità della Certosa francese, che intraprese un lungo e faticoso viaggio per incontrarsi con il fondatore dei certosini. Lanuino affiancò Bruno nella conduzione della comunità ermetica a tal punto che i diplomi di concessione, sia quelli normanni che quelli pontifici era indirizzati agli «amati figli Bruno e Lanuino».[3] Alla morte di Bruno la successione di Lanuino sembrava quindi certa ma evidentemente si verificarono dei dissensi all'interno della comunità e per appianarli dovette intervenire, quale legato papale, Riccardo cardinale vescovo di Albano che riuscì a risolvere la vertenza con successo, infatti il 26 novembre 1101 Papa Pasquale II confermava l'elezione ingiungendo a Lanuino di recarsi presso ilVaticano per il sinodo Lateranense del 1102. Lanuino rimase in carica fino al 1116 e assolse in questo periodo vari delicati incarichi per il pontefice diventando quasi un delegato apostolico; si occupò dell'annosa vicenda che coinvolgeva il monastero di San Giuliano di Rocca Falluca in cui un abate ritenuto indegno non voleva abbandonare la carica ed esaminò, insieme con i vescovi diReggio e Catania e l'abate di Sant'Eufemia le accuse mosse contro l'arcivescovo di PalermoGualtiero.[4] Nel frattempo aumentavano le donazioni e le immunità concesse da i re normanni alla certosa portando questa a divenire una grande signoria feudale.
Da Wikipedia.
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